

Jon Nödtveidt, nonostante il suo periodo di vita sulla Terra relativamente breve (morto a 31 anni per suicidio), è stato un musicista molto prolifico, nonché una persona decisamente coerente con le proprie idee. Tra i vari progetti Thrash/Death/Black (spesso contaminati tra loro in quanto a generi) ed uno di Elettro/Dark Ambient (i “De Infernali”), la sua creatura più nota rimane comunque la band Black/Death Metal (classificazione comunque di pura facciata) Dissection, fondata nel 1989 e scioltasi nel 2006, in seguito al suicidio di Nödtveidt, avvenuto tramite un colpo di pistola alla testa che il cantante e chitarrista si sarebbe sparato il 13 agosto dello stesso anno. I primi demo mostrano già le grandi doti degli Svedesi, che nel 1993 si accingono alla pubblicazione del primo full-length, intitolato appunto “The Somberlain”, pietra miliare del Black/Death Metal di stampo nordico, all’interno del quale possiamo trovare una violenza notevole, accompagnata però da sinistre melodie e da un’atmosfera gelida ed oscura che avvolge l’ascoltatore, proiettandolo in una dimensione nerissima e alienante. Il primo pezzo, “Black Horizons”, è il manifesto del songwriting del quartetto Svedese, che unisce tecnica notevole ad una propensione alle atmosfere macabre, senza tuttavia rinunciare alla violenza nelle proprie composizioni. Allo stesso modo il disco prosegue con tracce sinistre come la title track e “A Land Forlorn”, introdotta dalla breve introduzione “A Crimson Towers”; in questo pezzo è possibile comprendere pienamente il motivo che rende i Dissection uno dei gruppi immortali: la perfezione di ciascuno strumento, incastrato perfettamente all’interno dell’insieme, dona il proprio contributo alla causa, la quale consiste nella creazione di nera musica di qualità superiore. In questi brani è possibile riscontrare una rilevante presenza di cori e parti decisamente meno violente e più melodiche, valore aggiunto ad un livello compositivo già molto avanzato, soprattutto se rapportato alla giovane età dei componenti. Pur senza votarsi esclusivamente alla cieca violenza, “Heaven’s Damnation” si discosta leggermente dalle tracce precedenti, essendo più diretta e meno melodica; analogamente “Frozen” segue le medesime coordinate. Ghiacciata (di nome e di fatto) “In The Cold Wind Of Nowhere”, assolutamente eccezionale “The Grief Prophecy/Shadows Over A Lost Kingdom”, “più calma e più rilassata “Mistress Of The Bleeding Sorrow”, dove le tastiere aggiungono “epicità” alla traccia, per un finale da applausi. Una breve outro “Feathers Fell”, chiude un album stupendo, perfetto; la produzione ad opera di Dan Swanö (Unisound Studios, una garanzia) permette ad ogni singolo strumento di risaltare, creando di conseguenza un insieme ben amalgamato di violenza, atmosfere sinistre e “ghiacciate”, tipiche dei gruppi Scandinavi. Un album semplicemente da avere; questa è la prova che l’arte può spingersi a livelli incredibili, impensabili, in grado di scaturire nell’animo umano emozioni indescrivibili a parole.
Tracklist:
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Black Horizons (Jon Nödtveidt, John Zwetsloot)
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The Somberlain (Nödtveidt)
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Crimson Towers (Zwetsloot)
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A Land Forlorn (Nödtveidt, Peter Palmdahl)
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Heaven's Damnation (Nödtveidt, Zwetsloot)
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Frozen (Nödtveidt)
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Into Infinite Obscurity (Zwetsloot)
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In The Cold Winds of Nowhere (Nödtveidt, Zwetsloot)
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The Grief Prophecy/Shadows Over a Lost Kingdom (Nödtveidt, Ole Öhman)
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Mistress of the Bleeding Sorrow (Nödtveidt, Zwetsloot)
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Feathers Fell (Zwetsloot)
By Federico Ziegenmond
Voto: 94/100

I Satyricon, band norvegese ormai largamente affermata nel Black Metal per la sua militanza dal 1990 circa, direi che non ha bisogno di molte presentazioni. Tuttavia, credo sia doveroso ricordare il loro immediato successo già agli albori della carriera musicale, con il full lenght Dark Medieval Times (1994), il quale riscosse una notevole importanza nella scena Black Metal norvegese. Da quest’ album, infatti, si palesa il loro marchio di fabbrica: sonorità cupe, oscure, le stesse che poi verranno definite come archetipiche del loro stile, insieme alla voce di Satyr: rabbiosa e inquietante, poco curata e in linea con la forma mentis del genere di appartenenza di quegli anni. Tutto questo fino a Rebel Extravaganza (1998), dove assistiamo a quel che sarà la fine dell’ era “classica”, dando spazio a sperimentazioni da parte della band, per citarne alcune: sonorità moderne ma allo stesso tempo conservatrici dell’ originaria oscurità che pervadeva i testi, lasciando comunque un senso d’ inquietudine e angoscia misantropica all’ascolto, con un cantato più ricercato e definito; semplificazioni che danno vita a lavori come Volcano (2002) poco interessanti e spesso ridondanti; ridefinizione dello stile con maggiore fluidità e omogeneità delle tracce, come in Now, Diabolical (2006).
Questo breve ma intenso excursus ci porta, infine, al reale oggetto di nostra analisi: The Age Of Nero (2008). Da un primo punto di vista, prettamente strutturale, ritroviamo impronte stilistiche dell’ album precedente, ma più aggressive e tendenzialmente più veloci. Refrain lineari, semplici, impostati su tempi medi e sulla ripetizione quasi ossessiva di stessi riff, con atmosfere cupe e interessanti, aggiunte per incattivire il tutto. Insomma un miscuglio di elementi, nozioni, sperimentazioni fatte nel tempo.. Tutte concentrate in un unico album che, al di là del parere soggettivo di tutti noi “musicomani”, unico ed insindacabile, si presta facilmente all’ascolto.
Passiamo ora al focus track. “Commando”, brano di apertura dell album, ci fornisce già un primo scorcio di alcuni elementi distintivi sopra citati: riff molto veloci e violenti per poi tornare allo schema standard, ovvero in refrain piatti e ripetitivi. The “Wolfpack”, invece, ci riporta al solito stile tipicamente monolitico, con arpeggi dark e lo scream ben impostato di Satyr ad accompagnare l’atmosfera ferrea che il sound ci regala. “Black Crow on a Tombstone”, riff azzeccato, ben calibrato ma tediato da un ritornello un po’ troppo rivisitato. “Die By My Hand”, traccia a mio parere più lontana di tutte dallo stile di Now, Diabolical, Frost da finalmente libero sfogo attraverso un drumming degno del suo creatore, con alternanza di passaggi furiosi e atmosfere più lente sapientemente sagomate al refrain. “My Skin is Cold”, brano a mio avviso un tantino insipido, quasi sembra realizzato per lasciarti quell’acquolina in bocca che -ahimè- non si toglierà facilmente. “The Sign Of The Trident”, passaggi ipnotici e interessanti ma ancora prolissi. “Last Man Standing”, riff in pieno stile old-school ripetuti più volte e completata da un groove che persiste in tutte le tracce. “Den Siste”, un ritorno alle vecchie ere dei Satyricon, cantata in norvegese, brano con atmosfere di un’ angoscia a tratti piacevolmente soffocante, accentuata da un sottofondo sinfonico che rende ancor più imponente la canzone stessa.
Come spesso accade, quest’ album ha subito molte critiche dalla sua uscita, fino a creare degli schieramenti d’opinione. Dal canto mio, credo sia al quanto ovvio e scontato dire che i fan dell’ era classica dei Satyricon difficilmente possono approvare questo full lenght, proprio per via delle sue impostazioni moderne e sperimentali. Viceversa, coloro che avevano già precedentemente apprezzato Volcano e Now, Diabolical, non troveranno complicato fare lo stesso con The Age Of Nero, dato che tutti e tre fanno parte della “stessa annata”, per così dire. Certo è che come predetto si lascia ascoltare, nonostante la mancanza di creatività e di spessore, rimangono pur sempre i Satyricon!
Tracklist:
1. Commando
2. The Wolfpack
3. Black Crow on a Tombstone
4. Die By My Hand
5. My Skin Is Cold
6. The Sign of the Trident
7. Last Man Standing
8. Den Siste
By Larika Fracca
Voto: 75/100

Gli inglesi Cradle Of Filth, hanno rilasciato lo scorso 5 giugno 2015, il loro ultimo album “Hammer Of the Witches”. Dopo tre anni trascorsi dal precedente disco “The Manticore and other Horrors” (2012), I Cradle sono tornati più forti che mai, con dei sorprendenti cambi di line up. Innanzitutto, c’è un nuovo volto femminile: Lindsay Schoolcraft (ex Schoolcraft, Daedalen Complex, Karmaflow) che sostituisce il soprano colorato Sarah “Jezebel” Deva, la quale, dal 1996 fino al 2009 ha militato nel gruppo per poi intraprendere la carriera solista. Il cambio maggiore che si può denotare è nel sound: ancora più oscuro, più Symphonic, ricco di giri di synth, cori femminili maestosi e accompagnamenti orchestrali; qui non può mancare il loro tocco Black Metal con una batteria che pesta come non mai, spesso preannunciando gli Scream e i Growl di Dani Filth, con intermezzi di soli di chitarra e basso. L’Opening track “Wulpurgis Eve” è a mio avviso una delle track distintive del full, data la sua capacità di far calare l’ascoltatore già nell’atmosfera tetra e magica che l’album si prefigge di esprimere. ‘La quiete prima della tempesta’, dicono, Nelle track “Yours Immortally…” e “Ensshrined in Crematoria”, “Deflowering the Maidenhead”, “Displeasuring the Goddess” e “Blackest Magick in Practice” si può assistere ad una vera e propria atmosfera infernale, a ritmo di batteria incalzante e incessante, chitarre che si intrecciano in lunghi solo, con sprazzi di melodici synth. Il marchio di fabbrica di casa Filth è l’inconfondibile acuto di Dani, molto ricorrente in questa parte di album, ove vengono tramandate le storie del martello delle streghe. Difatti, l’ondata di cambiamenti ha pervaso anche le Lyrics Themes: Ora ampliano i temi già trattati come il Romanticismo, la Malignità, La Mitologia, Le favole Horror ecc.. Mettendo invece da parte il tema del Satanismo. La title track “Hammer of the Witches”, come le altre quattro track conclusive “Right Wing Of the Garden Triptych”, “Vampire at my side”, “Onward the Christian Soldiers” e “Blooding the Hounds of Hell”, racchiudono il contenuto dell’album e danno maggiore spazio alle qualità della Schoolcraft, aggiungendo più sinfonia rispetto alle prime song piu’energiche e veloci. L’album presenta tre intervalli strumentali per mantenere l’atmosfera dell’intero concept.
Detto ciò, spero che continuino così, forti ed agguerriti.. They’re back! Album consigliato,che sicuramente vi sorprenderà!
TRACKLIST:
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Vulpurgis Eve,
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Yours Immortally…
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Enshrined in Crematoria,
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Deflowering the Maidenhead, Displeasuring the Goddess
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Blackest Magick in Practice
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The Monstrous Sabbath (Summoning the Coven)
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Hammer of the Witches
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Right Wing ot the Garden Triptych
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The Vampire at my Side
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Onward Christian Soldiers
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Blooding the hounds of Hell
By Mystisk Død
Voto: 90/100

